LA STORIA
A S.Floriano in Valpolicella nasce nel 1926 la ditta Tamburelli Giacopuzzi fondata da Guido Giacopuzzi, principe degli artigiani costruttori di tamburelli, di cui, senza esagerare, si può affermare che ha speso tutta la vita per donare, in circa cinquant'anni di appassionate ricerche, di attente osservazioni, di intelligenti prove e riprove, di segrete esperienze, l'attrezzo sempre più buono e sempre perfettibile ai giocatori di almeno cinque generazioni.
Giacopuzzi nasce in realtà come scultore e ha trasferito questa sua predisposizione nella confezione di oggetti in legno.
Inizia a lavorare da un cugino di suo padre precisamente il sig.Campedelli Giuseppe, fu assunto come garzone del legno. Nella sua bottega subito era tenuto lontano dai grandi segreti dell'artista, ma una potenza istintiva, una curiosità morbosa, lo spingevano a spiare nel regno misterioso della curvatura del legno per i cerchi, nell' alchimia delle varie fasi della concia delle pelli, nei momenti successivi di montaggio. Osservava e rimuginava tutto a lungo dentro di se. Datano da quegli anni della sua fanciullezza, i primi suoi sogni affascinanti e le sue prime gelose sperimentazioni sul suo tavolo di cucina di casa. Andò avanti a lavorare in bottega, fino al 1925 quando il Campedelli decise di trasferirsi a Verona: aveva imparato molto ma non abbastanza per avventurarsi da solo in una bottega tutta sua: aveva capito che il buon tamburello richiedeva un gran cumulo di abilità e di conoscenze, uno studio ininterrotto di particolari solo apparentemente insignificanti, una volontà di sacrificio a tutta prova. E allora per poter continuare a spiare il suo maestro impugna la sua bicicletta macinando km mattina e sera per circa un anno e mezzo e corre da San Floriano a Verona nel laboratorio di suo cugino.
Nel 1926 decise di compiere il grande salto aprendo una bottega a San Floriano, chiamando i suoi fratelli a dargli una mano.
" Impossibile esprimere l'emozione e la gioia che riempirono il mio animo, quando uscirono dalla bottega artigiana i primi tamburelli Giacopuzzi; i miei tamburelli ! ".
La costruzione dei tamburelli era interamente manuale, la pelle veniva tirata lentamente con una pinza e veniva successivamente fissata sul lato esterno del cerchio di legno con un reticolato fisso di chiodini, erano 150-160 fitte capocchie bianche su una piccola superficie ed erano garanzia di fortezza dell'attrezzo. La mano, ammaestrata dalla pratica quotidiana, aveva acquistato una sensibilità particolare per avvertire quando era vicino il momento della rottura, anche se qualche incidente era inevitabile. Bisognava dare alla pelle la massima tensione possibile, anche correndo il rischio, perché il tamburello avesse ottima resa.
Si lavorava solo a mano fino al 1930 quando arrivò il tornio e qualche tempo dopo, la pressa dai cerchi in ferro, permetteva di tirare la pelle fin che si voleva: occorreva sempre però attenzione per non rovinare il tutto in un attimo. Il lavoro non mancò mai, ma bisognava arrivare al 1950( dopo il matrimonio con Pierina) per raggiungere l'affermazione su larghissima scala in campo nazionale che copriva l'80% della produzione. E fu proprio qui, come spesso accade che l'allievo supera il maestro mise appunto alcune tecniche che rivoluzionarono l'artigianato tamburellistico. Studiò e perfezionò le casse, le maniglie, l'estetica e mise a punto un nuovo sistema di concia della pelle.
L'attrezzo essendo costruito a mano aveva quelle piccole irregolarità che testimoniano l'arte; come diceva lui "Done e legno non i sta mai a segno"(donne e legno non stanno mai fermi).Definito l'artista da molti: "Come tirava le pelli lui non lo sapeva fare nessuno. Era tutta una questione di orecchio, di sonorità e di tempo. Riusciva a dare alla pelle una tonalità inconfondibile e cristallina".
Da buon artista non voleva credere alla plastica ma a parte qualche perplessità iniziale e facendo prevalere l'indole imprenditoriale nel 1970 inizia la conversione alle resine artificiali; pur sapendo di andare incontro ad una lavorazione diversa e tutta da studiare nuovamente, ma che avrebbe permesso una nuova rivoluzione nel campo tamburellistico e anche un aumento della produzione grazie ai più veloci metodi di lavorazione con i nuovi macchinari ad alta tecnologia passando da un lavoro interamente manuale ad uno più tecnologico.
Vedendo l'età avanzare e riconoscendo nella figlia le capacità, l'ingegno, la voglia e l'impegno di portare avanti quello che da lui era stato così amorevolmente creato, decide di poter ormai passare il testimone.
Ma non drasticamente, nel giro di 15 anni di collaborazione insegna le ultime astuzie e segreti alla figlia Flora e al marito Sergio, prima di ritirarsi. Insegnandogli la costruzione del tamburello tradizionale in tutte le sue parti ed esplorando invece insieme il nuovo mondo delle plastiche e del sintetico. I primi prototipi causano inconvenienti e quindi dapprima si creano tamburelli con cerchio in legno, ma non più rivestiti di pelle ma con i primi tessuti sintetici. Come già detto in precedenza i tamburelli di legno erano uno diverso dall'altro invece con il nuovo tessuto si poteva avere un'omogeneità di resa.
Gli studi e la ricerca continuarono e permisero in poco tempo di assemblare il naylon alla plastica.
COPYRIGHT Tamburelli Giacopuzzi s.n.c.